Una seconda possibilità!

"Quarantotto anni, marito e padre felice, medico veterinario, amante delle attività a contatto con la natura e dello sport, soprattutto il podismo.
Insomma, una vita piena ed appagante almeno fino al 2018 quando scopro di soffrire di Cirrosi epatica conseguente a Colangite Sclerosante Primitiva (CSP), una malattia rara di origine ignota che porta alla distruzione delle vie biliari ed alla necessità del trapianto.
Una patologia subdola che scava e si insinua progressivamente nella mia vita, come fa una radice nel terreno, sgretolando qualsiasi cosa: certezze, conquiste ed affetti.

In breve tempo entro in lista di attesa per il trapianto e, senza quasi accorgermene, passo dai 42 km della maratona di Venezia a faticare nel percorrere 200 metri camminando a passo lentissimo, sotto lo sguardo attonito dei miei figli abituati a seguirmi in bici quando, ancora in salute, mi allenavo.
Ora è tutto diverso, sono giallo oro, l’addome si è ingrossato per l’ascite, ho la febbre alta tutti i giorni da alcuni mesi, un forte prurito e la nausea persistente.
Non è difficile in questi momenti lasciarsi sopraffare dal dolore e dalla sofferenza.
Non voglio cedere ma sono a pezzi sia moralmente che fisicamente.


Finalmente la lista di attesa comincia a scorrere ed iniziano le chiamate come “riserva” (una tutela necessaria per non sprecare l’organo qualora il candidato ricevente non fosse disponibile o non riuscisse ad arrivare vivo all’intervento).
La prima chiamata è una vera e propria falsa partenza: mi viene chiesto di raggiungere rapidamente il centro trapianti perché il candidato principale sembra avere poche chance.
La cosa mi turba e finisco per gioire nel sapere, dopo 12 ore di attesa, febbricitante e disteso su un lettino da visita, che il ricevente ce l’ha fatta, è vivo ed il trapianto è riuscito.
Penso, “verrà anche il mio momento, oramai sono all’ultimo km!”.


Dopo 5 chiamate “a vuoto” il 30 marzo 2021 vengo trapiantato di fegato all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna dal Prof. Ravaioli e dalla sua fantastica equipe.
Sono passati solo 21 giorni da quel bacio di “arrivederci” dato a mia moglie sulla soglia del reparto ed ora la posso riabbracciare lasciando che le emozioni fluiscano come un fiume in piena.

Mi sento fragile come un bicchiere di cristallo, sia fisicamente sia emotivamente perché vivo una forte contrapposizione di sentimenti: la felicità ed il senso di colpa.
La gioia di stare meglio contrasta con la tristezza di essere vivi solo grazie alla morte di un altro individuo, un mors tua vita mea difficile da digerire.
Poi capisco e scopro che il senso di colpa può diventare un'occasione, uno stimolo positivo per affrontare ed onorare la mia nuova vita e, conseguentemente, il donatore ed i suoi familiari. Coloro che, in un momento drammatico della loro esistenza, hanno avuto il coraggio di compiere un’azione straordinaria: donare una parte del loro caro ad uno sconosciuto, senza pregiudizio e senza aspettarsi nulla in cambio, nemmeno un grazie.
Queste persone incarnano per me la figura dell’eroe moderno che in tempo di pace trova la forza per compiere un gesto di incredibile altruismo.
Ora la loro eredità vive in me e la vita ha assunto il sapore diverso di una “seconda possibilità” che va onorata e non sprecata.

Da podista ho sempre sostenuto che la maratona fosse una metafora della vita ma mi sbagliavo, perché il nostro non è un percorso individuale bensì collettivo. 

Quella che corriamo è in realtà una grande staffetta nella quale tutti hanno bisogno di tutti, una dimensione in cui i gesti di altruismo fanno la differenza e dove dire un SI’ può valere tutto, anche la pelle!"

(Testimonianza di Massimo)